Tra i grandi classici del pensiero, la Consolazione della filosofia di Boezio è uno dei libri più influenti: conosciuto e amato da lettori illustri di ogni epoca, da Dante a Casanova, da Machiavelli a Chaucer. Soprattutto, è una delle opere in cui filosofia e vita si intrecciano nel modo più compiuto.
Scritto in carcere dal filosofo e funzionario romano Boezio nei mesi subito precedenti la sua condanna a morte (525-526 d.C.), questo bellissimo e toccante «canto di prigionia», come lo definisce Carlo Ossola, alterna versi e prosa riflessiva in una meditazione sempre attuale – sul fine della vita e sul destino, sui rovesci della fortuna e sui punti di forza dell’uomo – che può essere di grande consolazione per ogni animo tormentato da interrogativi sulla propria sorte.
Protagonista del libro è la filosofia stessa, che appare a Boezio sotto l’aspetto di una donna. Affascinante e solenne, porta vesti lacerate a causa delle liti tra opposte correnti di pensiero. Vesti sulle quali si intravedono, tuttavia, ancora i ricami raffiguranti le due lettere (theta e pi greco) che sono simbolo delle due branche fondamentali del sapere utile all’uomo: filosofia teoretica e filosofia pratica. «Ora è giunto il momento di curare, non di piangere» spiega la “musa” della filosofia a un affranto Boezio nei capitoli iniziali del libro. E la preziosa cura – filosofica e spirituale – che viene dagli insegnamenti degli antichi maestri, Platone e Aristotele in primis, è tutta racchiusa in queste pagine che sanno trasformare la poesia più elevata in uno «scrigno del ragionare della mente».
Anicio Manlio Torquato Severino Boezio, noto come Severino Boezio, o anche solo come Boezio, è stato un filosofo e senatore romano. Con le sue opere ha avuto una profonda influenza sulla filosofia cristiana del Medioevo, tanto che alcuni lo collocarono tra i fondatori della Scolastica. Fu principale collaboratore del re Teodorico, ricoprì la carica di magister officiorum. Boezio nel clima di rilancio della cultura che la pace rese possibile durante il regno del re goto, concepì l’ambizioso progetto di tradurre in latino le opere di Platone e di Aristotele. Negli ultimi anni di Teodorico, che lo resero sospettoso di tradimenti e congiure, Severino venne imprigionato a Pavia e giustiziato.