La scienza è stata fatta per l’uomo o l’uomo è fatto per la scienza? Questa domanda apparentemente provocatoria e un po’ bizzarra costituisce, in ultima analisi, il filo rosso del volume, frutto di un ventennio di ricerche. A ben vedere si tratta di un interrogativo di grande attualità in un momento di confusione in cui si scontrano visioni apocalittiche della scienza e della tecnica intese come strumenti di morte e di dominio e acritiche e ingenue apologie del sapere scientifico di matrice tardo-positivistica che rifiutano ogni idea di limite e ogni condizionamento morale all’opera degli scienziati. Riflettere su come l’Illuminismo con il suo peculiare umanesimo, sostanziato dalla scoperta della libertà, ma anche della responsabilità dell’uomo abbia interpretato originalmente e trasformato aspetti decisivi della Rivoluzione scientifica di Bacone, Cartesio e Galilei può forse davvero aiutare a comprendere la via migliore per individuare il giusto rapporto tra i saperi e il potere, tra le forme di conoscenza e la centralità dell’uomo come fine ultimo e indiscusso. La Rivoluzione scientifica viene analizzata partendo dall’idea dell’assoluta centralità dell’individuo come criterio di costruzione e definizione dei saperi, associato al principio dell’utilità delle scienze per l’emancipazione. L’uomo è il termine unico dal quale occorre partire e al qual occorre far capo, spiegava con toni appassionati Diderot proprio nella voce enciclopedia.
Vincenzo Ferrone insegna Storia moderna presso l’Università di Torino. Membro dell’Accademia delle Scienze, tra le sue opere ricordiamo: Scienza natura religione. Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo Settecento (1982), I profeti dell’Illuminismo. Metamorfosi della ragione nel tardo Settecento italiano (1989), con D. Roche, L’Illuminismo nella cultura contemporanea. Storia e storiografia (2002). Sempre con D. Roche ha curato L’Illuminismo. Dizionario storico (1998).