Opere erotiche
di Publio Ovidio Nasone

Opere erotiche

Amores-Heroides-Medicamina faciei-Ars amatoria-Remedia amoris

«Brucio di passione e nell’animo, rimasto senza altri sentimenti, regna solo l’Amore.» Così Ovidio inizia a cantare negli “Amores”, destreggiandosi con i suoi precetti tra fedeltà, gelosia, frivolezza e volubilità, e lo fa con una tale leggerezza e maestria da rivoluzionare l’esperienza stessa dell’amore: nessun pathos e nessuno struggimento, amare è un passatempo in cui perdersi con distacco e ironia, con eleganza e malizia. Sempre sotto l’egida di Cupido, torna poi al tempo del mito, accarezzando con i versi delle “Heroides” le spine degli amori imperfetti e impartendo una lezione: l’amore devoto, soffocato dalla possessività e dalla nostalgia, è destinato ad appassire nell’infelicità di chi ama ciecamente. Per fuggire a questa sorte serve dunque padroneggiare l'”Ars amatoria”, un armamentario di regole, un vero e proprio catechismo del corteggiamento: dai luoghi più appartati di Roma all’abbigliamento più adatto all’occasione, Ovidio si fa maestro dei numerosi aspetti da considerare per padroneggiare quest’arte. E se nell’ispirato prontuario non si dimentica di istruire le giovani amanti su come sedurre e ammaliare a loro volta, a loro sono dedicate anche le ricette dei Medicamina faciei, in cui il poeta le invita a esplorare l’arte della cosmesi. Infine, per tutti coloro che, pur avendo seguito i precetti, non sono stati corrisposti, i “Remedia amoris” costituiscono la cura efficace al “mal d’amore”, così da spezzare le ferree catene di Cupido.

Ovidio fu un poeta romano tra i maggiori elegiaci. Tutto quello che sappiamo sulla sua biografia sono testimonianze lasciate dal poeta stesso.
Nacque da una famiglia di rango equestre. A dodici anni si recò a Roma con il fratello per completare gli studi di grammatica e retorica dei più insigni maestri della capitale, in particolare Marco Aurelio Fusco e Marco Porcio Latrone.
In questi anni compì molti viaggi: ad Atene, com’era costume, in Asia Minore, Egitto e Sicilia.
Tornò a Roma dove intraprese la carriera pubblica come un funzionario, forse, di polizia giudiziaria. Contro la volontà di suo padre (che lo vorrebbe oratore) continuò a dedicarsi agli studi letterari frequentando il circolo di Messalla Corvino prima, e quello di Mecenate dopo. Qua conobbe i più importanti poeti del tempo: Orazio, Properzio e, per poco tempo, Virgilio.
Ebbe tre mogli: dopo due matrimoni sfortunati, sposò una giovane fanciulla della gens Fabia, di cui rimane testimonianza nei suoi testi.
All’età di venticinque anni realizzò una delle sue opere più note al pubblico, L’Ars amatoria in cui il poeta dava consigli agli uomini in merito alle tecniche da adottare per conquistare una donna.
In età matura scrisse il suo testo più conosciuto, Le Metamorfosi.
Nell’8 d. C. fu costretto a lasciare Roma e a prendere la via dell’esilio, poiché non rispettò le regole emanate da Augusto in occasione dell’elaborazione del testo L’Ars amatoria, il quale spingeva le donne dell’epoca a commettere adulterio.
Passò così il suo esilio a Tomi, città situata nell’attuale Romania, nella quale visse gli ultimi anni della sua vita senza mai riuscire a tornare a Roma.


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