Le Storie di Erodoto di Alicarnasso, composte dall’autore ormai anziano nella seconda metà del V secolo a.C., sono la prima opera storiografica della letteratura occidentale a essere giunta fino a noi nella sua forma completa. Frutto delle numerose esperienze di viaggio e d’esilio che lo storico dovette affrontare quando la sua famiglia cadde in disgrazia presso il tiranno Ligdami, e degli incontri con popoli distanti ed esotici dell’Africa e dell’Asia, l’opera erodotea aveva come scopo quello di riferire gli eventi che, dagli albori della storia, avevano portato allo scoppio delle Guerre Persiane nel 499 a.C., e si conclude pertanto con la vittoria dei Greci e con la conquista di Sesto del 479, che pose fine a vent’anni di conflitto. Ma più che nella narrazione di uno dei momentichiave della storia della Grecia antica, il valore letterario delle Storie risiede nell’immensa quantità di materiale geografico, etnografico e storico che Erodoto ha raccolto nel corso della sua vita e dei suoi viaggi, che lo portarono dalla Caria all’Oriente, e poi in Egitto, ad Atene e nella Magna Grecia, lungo le vie di un mondo che Ryszard Kapuscinski ha definito «un quadro vivente, un caleidoscopio in movimento, uno schermo luminoso dove accade continuamente qualcosa».
(Alicarnasso, Caria, 484 ca – m. dopo il 430 a.C.) storico greco. Nato durante la dominazione persiana da eminente famiglia cario-greca, in seguito alla rivolta contro il tiranno Ligdami e alla guerra civile che ne seguì, fuggì a Samo (460 ca) e poté ritornare in patria solo occasionalmente dopo il 454. In quegli anni viaggiò a lungo attraverso l’impero persiano, l’Egitto, la Mesopotamia, la Scizia, la Macedonia. Fu, tra il 447 e il 443, varie volte ad Atene, dove conobbe Pericle e Sofocle. Nel 443 si trasferì nella Magna Grecia e contribuì a fondare la colonia panellenica di Turi. Sugli anni successivi non si hanno notizie. Le Storie, la grande opera di E., trattano dei contrasti e delle lotte tra la Grecia e i barbari prima e durante le guerre persiane (494-479), investigandone le cause. Il testo fu diviso dai grammatici alessandrini in 9 libri, intitolati alle Muse. Nei primi 4 sono esposti gli antefatti dello scontro tra i greci – asiatici ed europei – e i persiani. È una storia che copre vari secoli e che concerne paesi e popoli diversi – medi, persiani, egiziani, sciti – con numerosi excursus geoetnografici e storici. Negli altri libri (l’ultimo supposto incompleto per il brusco arresto della narrazione) E. narra le guerre persiane fino al 479, inscrivendo il conflitto nel più ampio contrasto tra barbari, asserviti al loro sovrano divinizzato, e greci portatori dei valori di libertà dell’individuo e della comunità politica. La struttura dell’opera è di tipo arcaico; si basa sulla successione di storie interessanti e sulla raccolta di materiali che sono il frutto di ricerche dirette. Manca invece un’architettura letteraria, che sarà tipica della storiografia classica. E. è attento alla dimensione religiosa (la storia umana è percorsa, sia pure attraverso forze oscure, come l’«invidia degli dei» e il cieco fato, dal divino), e unisce un senso acuto della relatività dei fenomeni umani alla curiosità e alla disponibilità a capire gli usi e i costumi locali delle varie popolazioni. Da ciò deriva il carattere aperto di «ricerca» della sua opera. Pur accogliendo fatti mitici o leggendari, E. rifiuta l’interpretazione mitica e fonda il suo racconto sulla visione diretta e l’analisi critica, con una passione investigativa laica e razionale. In tal senso E. viene giustamente ritenuto il «padre della storia», secondo la famosa definizione ciceroniana. La forma originaria della lingua di E. (incerta a causa della tradizione manoscritta) è il dialetto ionico del suo tempo, ricco di arcaismi e atticismi. Nuovo invece è lo stile, semplice ed efficace, basato su strutture elementari e anche ripetitive, ma duttili e funzionali ai temi eterogenei della sua ricerca e ai suoi fini dimostrativi.