Questa contraddizione dev’essere superata; essa racchiude in sé l’impulso a risolversi. La certezza soggettiva deve acquistare vera oggettività, non può fare dell’oggetto una barriera e, per converso, l’oggetto deve diventare qualcosa di mio non solo in maniera astratta ma secondo tutti gli aspetti della sua concreta natura.
Come conciliare la scissione originaria tra spirito e natura, tra soggetto e oggetto, tra finito e assoluto?
È questo uno dei problemi fondamentali della Filosofia dello spirito e del sistema teorico di Hegel in generale. Un sistema che ha la peculiarità e il merito di provare a introdurre il movimento nel pensiero, rifiutando come intellettualistiche – e perciò non razionali – quelle categorie statiche e astratte che sono state prodotte in ogni fase del cammino della scienza. Nata come terza sezione dell’opera di Hegel più monumentale (l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio), la Filosofia dello spirito emerge fin dalla sua prima elaborazione con una propria specificità e autonomia, rimanendo, però, ugualmente parte del grande sistema generale, comprendente logica, metafisica e filosofia della natura.
Lo spirito per Hegel è di fatto il motore di tutto: ciò che tiene insieme il sistema, promuovendo al contempo ogni trasformazione. È “la sostanza etica consapevole di sé”: la realtà effettiva prodotta dall’operare di ciascuno, dove il sé non sperimenta più alcuna opposizione rispetto al proprio mondo.
Solo ripercorrendo con attenzione le tappe della coscienza individuale e collettiva, attraverso i concreti contenuti storici e il lavoro della memoria, il mondo moderno potrà, secondo Hegel, afferrare la realtà profonda dello spirito.