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27.08.2015

Caro personaggio ti scrivo


Caro personaggio ti scrivo

di Pasquale Nuzzolese (@muovendoidee)

In ogni libro c’è sempre un uomo: bruciare un libro è come bruciare una persona

(Il gioco del rovescio, Antonio Tabucchi, Il Saggiatore, 1981)

 

Proviamo per un attimo a pensare a un libro bruciato: cosa ne resterebbe dopo che le fiamme lo avessero avvolto?

Cenere, lembi di fogli bruciacchiati, qualche parola annerita, la copertina disfatta dal fuoco (dura a dissolversi) e il dorso del libro, che faticherebbe a tramutarsi in un oscuro buco nero, che risucchierebbe in sé tutto lo “spazio-tempo” di quelle righe, di quella trama, di quel testo, di quella vita vissuta svariate volte dal lettore nell’atto del leggere, dall’autore, scrivendo, e dai personaggi, vivendo.

“Rovesciamo” ora la prospettiva come in uno specchio riflesso o alla maniera del racconto di Tabucchi, da cui è tratta la mia iniziale citazione: i personaggi, ad esempio, non dovrebbero dissolversi e scomparire, ma continuare a pulsare, vibrare, vivere.

In che modo? Nell’unico modo che la letteratura conosce: scrivendo.

Leggevano dei libri e poi si scrivevano delle lettere come se ciascuno di loro fosse un personaggio dei libri che avevano letto” (Tabucchi scripsit…)

Se la lettura salvasse i personaggi dalle metaforiche “fiamme” della depositata polvere degli scaffali e della dimenticanza, la scrittura li riporterebbe in vita, integrando il loro essere con l’ultima e più recente esperienza di lettura, sempre nuova e diversa.

Personaggi che rinascerebbero continuamente ad ogni lettura e dalle fiamme della “non lettura”: Fenice imperitura come la sfilza dei futuri libri da leggere che non possono che dare o l’illusione di una infinita vita o configurarsi come un pesante giogo per i nostri alunni.

Spesso le “schede di lettura” rivolte agli studenti (qui entra in gioco il mio essere insegnante di scuola media), sono state linfuocata tomba della lettura medesime, che ha incenerito ogni volontà di leggere oltre e ancora: ovviamente non mi riferisco alla componente “lettori forti” di una classe, ma alla componente meno forte e da non lasciare sola, infestata dalla Gramigna dei nuovi “idola”, “Vitelli d’oro”, delle immediate e volubili connessioni (social network).

L’idea di Tabucchi potrebbe dare nuova linfa a un atto (la lettura), che imposto e obbligato può solo conoscere la sua automatica e inevitabile condanna a morte.

Nella mia scuola, la Secondaria di I grado “Sandro Pertini” di Ponte nelle Alpi (BL), da due anni dedico l’ultima ora del Sabato all’“Ora di lettura” nelle mie classi, sfruttando la possibilità offerta dalla presenza di una ricca e fornitissima biblioteca scolastica, facente parte della “Rete provinciale biblioteche bellunesi – BIBEL”.

Gli alunni scelgono in modo libero il libro da leggere, senza imposizioni dall’alto (spesso leggo anche io con loro) e nell’arco di un mese in biblioteca lo leggono e ne redigono una scheda di lettura, secondo voci da me strutturate: ad esempio, “Quale frase ti ha colpito di più?” oppure “Cosa cambieresti nel libro letto?”, e via discorrendo.

Fin qui “ordinaria amministrazione”: appunto… “ordinaria”, ma sentivo che la “quadratura del cerchio” ancora mancava per rendere l’ora di lettura la più completa ed efficace possibile.

L’idea di leggere e poi scrivere una lettera, immedesimandosi in un personaggio del romanzo appena letto e rivolgendosi a un destinatario immaginario o reale, guiderebbe gli alunni verso una naturale lettura critica del medesimo, scandagliando nell’animo del personaggio le sue emozioni, le sue caratteristiche e giungendo alla medesima analisi di una scheda di lettura, ma da un’angolazione diversa, più avvolgente (un altro “rovescio tabucchiano”): per usare una metafora calcistica, non un goal realizzato su verticalizzazione centrocampista-punta (“scheda di lettura”), ma una rete segnata mediante azione corale e su traversone inaspettato dalla fascia laterale (“Lettera del personaggio”).

“Un’azione corale” che richiederebbe all’alunno di ricercare in autonomia nel testo parole e frasi utili e necessarie a ritrarre al meglio il personaggio nella lettera; di sottolineare quanto sia indispensabile per immaginare il destinatario di quella missiva o ricercarlo nella propria realtà (amico o parente); di creare un contesto spazio-temporale, in cui incardinare una nuova trama, un nuovo intreccio: non perché te lo chieda il prof in una delle voci della “Scheda”, ma perché necessario a comporre il puzzle della identità del personaggio, altrimenti monca e difettosa, non credibile (in tal modo si alimenterebbero competenze oltre che accumulare “Sapere” e affinare il “Saper fare”).

Infine, immaginerei che possano inviare la missiva all’indirizzo della propria abitazione, per poter poi vivere il tempo della lettura della stessa (pur da loro realizzata) con l’ausilio della distanza temporale, lasciando un margine tra la “lettura del libro”, la “scrittura della missiva” immedesimati in un personaggio” e la “ri-lettura mediante lettera”: un margine utile a far decantare quanto realizzato e far emergere nella “giusta distanza” nuove e inaspettate connessioni relative al libro letto.

Quei margini li immagino come ampie aiuole dove coltivare nuovi fiori, prossime letture: spesso quei margini sono stretti e angusti e vi cresce solo Gramigna che occlude la vista al Sole, consuma il tempo e spreca opportunità. Non lasciamo marcire l’immaginazione.

 

No, non avevo una fotografia, avevo solo il mio ricordo: e il ricordo era solo mio. (Notturno indiano, Antonio Tabucchi, Sellerio, 1984)

 

 

Pasquale Nuzzolese, professore di Lettere alla Scuola Secondaria di I grado “Sandro Pertini” di Ponte nelle Alpi (BL), vive da sette anni tra le “Scogliere di Dio” bellunesi, dopo averne trascorsi ventisei nell’Atene delle Puglie, Trani, terra dove si è laureato in Lettere moderne, indirizzo storico-sociale (2005) e ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento delle materie letterarie nella scuola secondaria (A043-A050, SSIS – Puglia, 2008). Ha collaborato nel 2014 al progetto “Snodi pedagogici” (ilpiccolodoge.blogspot.it) e collabora attualmente alla rivista scolastica culturale “Kronostories” (kronostories.eu). Ritrarre in “scatti di luce” la realtà (Instagram) e declinarla in 140 sono il modo in cui vive le “humanae litterae” del XXI secolo.