Twitsofia
05.02.2015

Come imparare a copiare


Come imparare a copiare

di Ermanno Ferretti (@scrip)

Si dice spesso che le generazioni attuali siano abituate a trovare su internet ogni genere di informazione, e quindi che la loro memoria si stia inesorabilmente impoverendo. Alcuni, i più preoccupati, paventano il rischio che gli studenti possano completamente rimuovere dalla loro mente i classici omerici, i dialoghi di Platone e le cantiche di Dante, non accorgendosi che già vent’anni fa – quando a scuola ci andavo io – non c’era bisogno di smartphone o ADSL per dimenticare tutto questo: bastava una semplice estate lontani dalla scuola.

La questione, comunque, bene o male esiste e va affrontata. Certo, bisogna prima di tutto capire qual è il vero problema: perché che le informazioni siano disponibili nella nostra memoria o in una memoria virtuale, tutto sommato, cambia poco; il rischio più grosso è invece che i nostri ragazzi non siano minimamente in grado di usare quella memoria virtuale.

La prova di questo l’ho avuta qualche tempo fa, quando in alcune classi ho provato a sviluppare un percorso di approfondimento. L’intenzione era quella di avvicinare i ragazzi ai problemi delle materie tramite la lettura di testi che con le materie stesse sembravano c’entrare poco. Visto che il programma di filosofia in terza tocca spesso tematiche che riguardano le passioni dell’anima, feci leggere dei drammi che parlavano dell’ira, della lussuria, dell’amore (e una delle ragazze che lesse l’Amleto mi apostrofò: «Prof, ma la trama di questo libro è copiata da Il re leone della Disney!»); nella terza in cui facevo storia mi concentrai sulla critica delle fonti e quindi proposi dei romanzi in cui non ci si può mai fidare di quello che si legge, come certi gialli di Agatha Christie; visto che in quarta si affronta invece il giusnaturalismo, optai per romanzi e serie tv post-apocalittiche in cui la società è annullata (anche se in Lost le diciassettenni vedevano più gli addominali degli attori che non le implicazioni filosofiche); in quinta, infine, proposi saggi che mescolavano filosofia, storia e psicologia, come La banalità del male della Arendt.

L’idea era insomma quella di fornire dei libri che non “puzzassero di scuola” ma che potessero nello stesso tempo stimolare alcuni collegamenti col programma. Dopo aver letto i volumi, i ragazzi dovevano preparare una corposa relazione, strutturata seguendo alcune domande-guida.

Quando iniziai a correggere, però, mi resi subito conto che qualcosa non aveva funzionato: moltissimi studenti avevano risposto ad almeno una parte delle domande cercando le risposte su internet.

Smascherarli, a dire il vero, fu facile: in primo luogo, perché da alunni sgrammaticati che non sapevano usare le virgole improvvisamente si erano trasformati in novelli Petrarca; in secondo luogo, non avevano pensato che basta riscrivere una riga del loro testo tra virgolette su Google per rintracciare subito la fonte della copiatura.

Il punto focale – o almeno quello che mi ha dato più da pensare – è stato però un altro. In molti casi, la copiatura non solo era riprovevole, ma era anche completamente errata. Tra i vari drammi che diedi da leggere c’era ad esempio anche il Don Giovanni di Molière. Correggendo un elaborato in particolare, rimasi interdetto quando trovai una trama che differiva di molto da quella pensata dal commediografo francese; ci misi un po’ a capire che il riassunto non era del Don Giovanni di Molière ma della versione operistica di Mozart, nella quale gli eventi descritti sono in buona misura diversi. In sostanza, la ragazza aveva cercato su internet un riassunto del Don Giovanni, copiandone e incollandone però la versione sbagliata, senza rendersi conto che ne esistevano due.

Il fatto grave, insomma, è non tanto copiare – cosa che, volenti o nolenti, diventerà la norma –, quanto non capire cosa si copia, non saper fare un’analisi critica di quello che si è trovato sul web. E sono convinto che sia forse questa la sfida didattica per il domani: insegnare a copiare.

 

 

Ermanno Ferretti è nato a Rovigo 35 anni fa. Dal 2005 insegna nelle scuole superiori della sua provincia, principalmente filosofia e storia. In questi dieci anni, però, si è dato da fare anche in altri campi: ha pubblicato Per chi suona la campanella (Fazi, 2011) e Storia semiseria e illustrata della filosofia occidentale vol.1 (Fazi, 2014, da cui è tratta l’immagine di Gorgia “che copia l’Iliade” a corredo di questo post), ha creato il sito Cinquecosebelle.it, e soprattutto è andato a vivere da solo, si è sposato, ha avuto tre figli (più un quarto in arrivo), ha imparato a cambiare i pannolini e mille altre cose.

Sui social network usa perlopiù il nickname di scrip.

www.ermannoferretti.it