“Nella primavera del 1623, una massa di persone si accalca alla cattedrale di St Paul. Attendono l’arrivo del diacono Donne come si attende una rockstar: ogni sermone in effetti è uno spettaco lo, che culmina spesso con il volto del diacono rigato dalle lacrime, scosso da felicità e dolore. Le sue parole riescono a «incantare l’anima», dicono, e i fedeli finiscono puntualmente per piangere insieme a lui.
Ma John Donne era in grado di scuotere gli animi da sempre, come quando componeva, molti anni prima, poesie d’amore di una sensualità quasi insostenibile, tessendo lodi alla rivalsa dei corpi castigati («Piena nudità! Tutte le gioie a te sono dovute») e descrivendo la bocca di una donna come una «baia dove s’inturgidano scelte perle». Eppure non è la solita favola del libertino convertito a sant’uomo: c’è molto, molto di più.
In effetti è impossibile ridurre a sole due dimensioni l’immagine strabordante di John Donne: incapace di essere una cosa sola, si è reimmaginato e reinventato di continuo, diventando di volta in volta poeta, amante, saggista, avvocato, pirata, dissidente, pastore, autore satirico, politico, cortigiano, cappellano del re, e infine, appunto, decano della più bella cattedrale di Londra.
Forse è per questo che per secoli abbiamo capito ben poco di quest’anima sfuggente e imprendi bile, e così abbiamo relegato il più grande poeta d’amore inglese (insieme a Shakespeare) nelle pagine polverose dei libri di storia. Almeno fino a oggi, quando Katherine Rundell, in questa biografia acclamatissima in Gran Bretagna, ha deciso di ripercorrere romanzescamente la vita di un uomo per cui l’infinito non bastava, e quindi si è spinto fino a inventarsi un Super-infinito. Per la prima volta, allora, tutte queste identità, e tutte queste trasformazioni, brillano vitali tra le pagine, come la luce catturata da un prisma.”