Come non scrivere
di Claudio Giunta

Come non scrivere

Consigli ed esempi da seguire, trappole e scemenze da evitare quando si scrive in italiano

Al lavoro: schede, memorandum, presentazioni. A scuola: temi, tesine, relazioni. Nel privato: post su Facebook, email personali, chat sul cellulare. Sarà anche l’epoca degli audiovisivi e della comunicazione in tempo reale, ma non abbiamo mai scritto tanto. E più dobbiamo scrivere, meno sembriamo capaci di farlo.

Ma, mette subito in chiaro Claudio Giunta all’inizio del libro, «non s’impara a scrivere leggendo un libro sulla scrittura, così come non s’impara a sciare leggendo un libro sullo sci. Bisogna esercitarsi: cioè leggere tanto (romanzi, saggi, giornali decenti), parlare con gente più colta e intelligente di noi e naturalmente scrivere, se è possibile facendosi correggere da chi sa già scrivere meglio di noi».

E quindi? Non potendo insegnare come si scrive, Claudio Giunta prova a spiegarci come non si scrive, passando in rassegna gli errori, i tic, i vezzi, le trombonerie e le scemenze che si trovano nei testi che ogni giorno ci passano sotto gli occhi: dall’antilingua delle circolari ministeriali alle frasi fatte dei giornalisti, dal gergo esoterico degli accademici e dei politici al giovanilismo cretino della pubblicità…

Ma in questo slalom tra sciatterie e castronerie Giunta trova per fortuna il modo di contraddire la sua dichiarazione iniziale, perché insegnare Come non scrivere significa anche dare delle utili indicazioni su come si scrive: per ogni cattivo esempio se ne può trovare uno buono da opporgli, per ogni vicolo cieco argomentativo c’è una via di fuga creativa, e spesso basta un punto e virgola per risolvere una frase ingarbugliata.

In questo anti-manuale spregiudicato, arguto e divertente, nella tradizione di Come si fa una tesi di laurea di Umberto Eco ma aggiornato all’era di Google, scopriamo che per scrivere bene bisogna ripartire da un po’ di affetto per la nostra bistrattata lingua italiana, ma soprattutto bisogna tenere a mente poche regole di buon senso: se scriviamo lo facciamo perché qualcuno ci legga, capisca quel che vogliamo dire e, se possibile, non si annoi a morte. Sembra facile, no?

 

 «Sono convinto che la paura sia  alla radice di quasi tutta la cattiva scrittura.» 

Stephen King 

«Se conosci la cosa di cui vuoi scrivere,  le parole verranno da sole.» 

Catone il Censore

«Ho letto il tuo racconto. Non mi sembra male,  ma devi smetterla di usare troppi aggettivi.» 

Roald Dahl

«La impegna di più un set con Lendl  o un set con McEnroe?»  «Mi impegna tutto, anche un set con mio nonno.» 

Bjorn Borg

Claudio Giunta (Torino, 1971) insegna Letteratura italiana all’Università di Trento, ed è uno specialista di letteratura medievale. Oltre a molti studi scientifici nella sua disciplina, ha pubblicato una raccolta di saggi sull’Italia (Una sterminata domenica. Saggi sul paese che amo, Il Mulino 2013), un reportage sull’Islanda (Tutta la solitudine che meritate. Viaggio in Islanda, Quodlibet-Humboldt 2014), un libretto su Matteo Renzi (Essere #matteorenzi, Il Mulino 2015), un romanzo noir (Mar Bianco, Mondadori 2015) e un libro sulla scuola e l’università (E se non fosse la buona battaglia? Sul futuro dell’istruzione umanistica, Il Mulino 2017). Ha curato inoltre un manuale-antologia di letteratura per il triennio delle scuole superiori intitolato Cuori intelligenti (Garzanti Scuola 2016). Collabora regolarmente con “Il Sole 24 Ore” e “Internazionale”. Condirige la “Nuova rivista di letteratura italiana”.


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