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16.03.2015

Condividere la scuola a LibriCome: la "lezione" di Tullio De Mauro


Condividere la scuola a LibriCome: la "lezione" di Tullio De Mauro

Dalla lezione di Tullio De Mauro sui MAESTRI (14 marzo, Roma, Libri come)

In dialogo con Marino Sinibaldi e Dacia Maraini

 

“I maestri li troviamo in famiglia, innanzitutto. Anche per questo è così grave per l’Italia la perdita delle famiglie larghe. Ma è importante distinguere diverse tipologie di maestri:

1) I maestri formali, cioè i maestri delle scuole dell’infanzia ed elementari. Ne devo ricordare almeno due: una suora, Suor Rosa, che mi ha regalato i primi libri da me letti autonomamente. E il maestro Ficicchia.

2) I maestri in senso largo, ovvero i professori. Al liceo ne ebbi 4 straordinari, tra cui Nuccia Ascoli Musatti, che ci trascinava fuori dalle classi, in giro, a visitare questo incredibile libro di storia dell’arte che ci troviamo tra le mani: la città di Roma.

3) Anche all’Università può succedere, mi dicono, di trovare professori che si desidera chiamare “maestri”. Come diceva Sciascia… Che non si capiva bene quello che diceva, è vero. Ma, per chi riusciva a decifrarlo, Sciascia diceva: “maestro sì, ma non la m minuscola”.

4) I maestri inconsapevoli incolpevoli: persone che magari non gradiscono, oppure non lo sanno neanche, di essere chiamati “maestri”. Ma che noi chiamiamo tali, e questo vale per ogni ambito. Un mio maestro incolpevole? Fu il padre del disegnatore Altan, Carlo Tullio-Altan, grande “maestro di antropologia”. Anche se non glielo ho mai detto, alcuni suoi articoli usciti negli anni ’50 sono stati per me rivelatori.

5) Infine, ci sono quelli che Meneghello chiama “piccoli maestri”. Per me sono i compagni di gioco, di studio, quelli da cui ci provengono nozioni, idee, notizie straordinarie. È un fenomeno stimolato anche dall’Unione Europea, quella che si chiama Peer education: educazione tra pari.

Nel mio caso, si può partire da lontano. Posso ricordare i compagni di Università, soprattutto: Diego Carpitella, Lucia Matone, per l’Umanesimo e Rinascimento (Gennaro Sasso lo sa), insieme al più noto Eugenio Garin. Ne discutevo una volta con Vito Laterza, maestro informale di editoria e di tante altre cose. Perché si parla di alcune persone come di “maestri”?

Perché queste persone sono molto simili, le più simili, nelle loro azioni a ciò che – volenti o nolenti – i maestri in senso stretto fanno: sono quelli che ci aiutano, a volte ci tengono la mano, e sono interessati al fatto che noi giorno per giorno impariamo qualcosa. Senza fare quella che si chiama la verifica. Senza mettere voti.”

 

Tullio de Mauro