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25.05.2015

Lettera al Presidente del Consiglio


Lettera al Presidente del Consiglio

di Riccardo Giannitrapani (@orporick)

Gentile Presidente del Consiglio,

(un caso la pone in questo ruolo, questa email è indirizzata a lei, ma andrebbe benissimo anche se lei fosse un altro o un altro fosse lei). Sono un normale insegnante di liceo, ho quarantacinque anni, due figli piccoli, Francesco e Anna Wislawa, un divorzio alle spalle, alcune chitarre, un ukulele, tantissimi libri, un amore gigante per la mia compagna, una madre che ancora mi chiama per sapere se mi sono tagliato finalmente i capelli, un padre che si perde nella letteratura inglese, la passione per la matematica. E ho una moltitudine di figli e figlie in prestito che ogni mattina incontro nelle classi, sia quelle vere fatte di gesso, lavagna, sedie e finestre, sia di quelle immaginate fatte di ricordi e dei tanti volti di ragazzi e ragazze che ho perso per incapacità, destino o solo per il normale scorrere del tempo.

Le scrivo motivato dalla sua email che ho trovato pochi giorni fa nella casella di posta elettronica. Ho pensato a lungo se rispondere o meno, riflettendo su cosa rispondere, sul perché lei dovrebbe perdere tempo a leggere le mie parole (a parte un semplice atto simmetrico di cortesia visto che io le sue le ho lette). Approfitto di questa pausa dal quotidiano che un sabato sera mi regala per provare a scrivere alcuni pensieri. Premetto che non tenterò di rispondere puntualmente alla sua lettera, se non in pochissimi punti, e di questo me ne scuso. Molti miei colleghi, decisamente più preparati di me, lo hanno fatto e quindi non aggiungo una ulteriore voce inutile alle tante. Inoltre di fronte ad argomenti importanti avoco il diritto (o forse dovere) di parlarle solo di ciò che so, non di ciò che non conosco o che mi viene presentato in modo vago. E vaga è la sua email, Presidente. Talmente vaga che è difficile, nonostante i suoi appelli a “entrare nel merito”, dare risposte. Quindi non ci provo, anche perché non sarei capace di fare proposte costruttive, non ho scelto come mestiere quello di riformare la scuola, ma quello di farla. Il compito è suo, lei lo ha scelto, lei lo ha voluto.

Le scrivo, primariamente, perché ho diverse perplessità sulla sua scelta di inviare a tutti i docenti italiani una mail nella loro casella istituzionale di posta elettronica. Si tratta infatti di una mail che non riguarda il mio quotidiano mestiere di insegnante (come ad esempio comunicazioni dal Ministero, avvisi normativi etc. etc.), ma è una mail non richiesta che pubblicizza la sua azione di governo. Non posso nemmeno pensarla come comunicazione di servizio in quanto io non sono dipendente del Governo della Repubblica Italiana, ma del MIUR. I governi cambiano (per fortuna), l’istituzione scolastica no. Io quindi non dipendo da lei, a lei non sono legato da nessun contratto di lavoro. Avrei capito se la mail mi fosse arrivata dal Ministro dell’Istruzione, ma da lei la cosa suona molto come pura propaganda e questo, le confesso, mi ha dato un po’ fastidio. Se trova il tempo di andare a leggere la definizione di “spam” vedrà che la sua mail rientra in molti modi in tale definizione. Certo, potevo cestinarla subito insieme alle email sul viagra o sui casinò che mi arrivano ogni giorno, ma l’uso di una casella istituzionale richiedeva secondo me un po’ più di meditazione. Ho parlato di propaganda, ed è quello che sembra; magari non era sua intenzione, ma davvero non vedo altro scopo. Nella mail infatti non mi si danno comunicazioni inerenti il mio lavoro quotidiano e non mi si fanno domande, se non un invito generico a dare la mia opinione perché lei ascolta tutti: ma, mi chiedo, che senso ha chiedere l’opinione su un DDL che è attualmente al voto nelle camere del parlamento? In realtà la sua mail sembra solo un modo (alquanto maldestro, se lo lasci dire) di convincermi del suo operato: in tal senso la reputo assolutamente fuori luogo. Inoltre avrei potuto anche offendermi (non l’ho fatto perché sono una persona serena): so leggere un DDL (anche se fate di tutto per scriverli in modo incomprensibile), non ho bisogno di schemini o riassunti, davvero. Quindi le domando, perché mi ha scritto? Vuole convincermi che la sua riforma è buona? Come le ho già detto, la vaghezza della mail (ed anche del DDL, a mio avviso) è tale che non può convincermi.

Nell’incipit della sua mail lei cita le “polemiche, le tensioni, gli scontri verbali” che in qualche modo minano la discussione. Nel video (sì, ho visto anche quello) fotocopia multimediale della mail rivolta però al vasto pubblico (con tanto di lavagna per insegnare a noi tutti qualcosa, o forse per prenderci in giro, non si è capito), nel video, dicevo, usa anche la parola “sabotaggio”. C’è uno scrittore a me molto caro, Erri De Luca, che in questi mesi sta affrontando un processo proprio per quella parola. Le consiglio vivamente di leggerlo e di riappropiarsi di un termine nobile quale è la parola “sabotare”. Ma davvero c’è stato sabotaggio? Io non sono un esperto dei test Invalsi, ma da quel che mi ricordo (magari mi sbaglio), il test non è obbligatorio per le famiglie, i genitori possono decidere di non far partecipare il figlio o la figlia al test. O ricordo male io? In tal caso perché deve coprire con un termine del genere usato in senso negativo un fatto abbastanza serio, ovvero che molte famiglie si sono sottratte a questi test? Io non so se hanno fatto bene o male, ma sicuramente la cosa sottolinea un problema abbastanza grave. Parlare di “sabotaggio” o di “boicottaggio” non aiuta a discutere sui motivi di tale azione, ma getta un’ombra su chi si è sottratto ai test senza ascoltarne le motivazioni. Secondo me questa si configura come una tipica fallacia ad hominem nel dibattito (fallacia usata spessissimo da voi politici). E citando le tante voci contrarie alla vostra riforma come “polemiche” che alimentano quindi “tensioni” sta di nuovo spostando il problema dal merito (cosa dicono queste persone, perché contestano il suo disegno, come mai la cosa ha assunto carattere trasversale) alle persone che, etichettate come polemiche, diventano assolutamente da non considerare. Altra fallacia ad hominem. Più grave in quanto proviene dal Presidente del Consiglio. Più grave perché agli occhi di chi non è dentro la scuola (penso alle famiglie) in quel video c’è un messaggio molto chiaro: io sto facendo una cosa buona per tutti e ci sono questi insegnanti polemici che non vogliono farmelo fare. Invece, signor Presidente, scioperare, dissentire, anche urlare se inascoltati non è fare polemica, ma è il normale strumento di dialettica democratica che in questi tempi sembra sempre più appiattito in un consenso dovuto. Se non si è d’accordo con lei si è polemici? Io il 5 maggio non ho scioperato, ero in classe, perché non credo nello sciopero. Ma ho molto rispetto per chi lo ha fatto, ne capisco le ragioni e la invito a dimostrare un po’ più di considerazione per chi non la pensa come lei.

Sia lei che il Ministro che vari sottosegretari avete ripetuto più volte che siamo noi insegnanti a non aver capito il DDL, la sua portata storica. Può darsi, ma se io in classe ho più dell’ottanta per cento di ragazzi e ragazze che non capiscono un argomento e che magari sbagliano il compito, mi fermo e non mando loro una email con uno schemino, ma riprendo tutto da capo, rimetto in gioco l’argomento, annullo il compito e mi prendo una pausa. Se lei vuol essere insegnante per noi, con tanto di lavagna e gessetti, ci pensi. La cosa è ulteriormente ribadita, in modo ancora più fastidioso, dalla sua frase “forse siamo noi che non ci siamo spiegati bene” (mi riferisco sempre al video), frase che è falsamente di apertura al dubbio. Con tale proposizione infatti lei non mette in dubbio il suo pensiero, ma solo il fatto di averlo espresso bene. Quindi da fuori sembra quasi un’autocritica, quando in realtà è un ribadire la sua idea come unica giusta.

Ma torniamo alla lettera che era solo per noi insegnanti. Non ho, come le ho accennato all’inizio di questa mia email, risposte concrete o proposte. La sua lettera parla di tante cose, molto poco dei ragazzi e delle ragazze.

Si parla per esempio di soldi agli insegnanti per la formazione per la valutazione. Come mi formerà? In che modo? Nel DDL non trovo traccia. Solo il fatto che ci saranno i soldi (vorrei anche vedere che per formarmi devo spendere soldi che non ho ormai più). Nulla, si sbandiera come cosa fatta una formazione per gli insegnanti senza dare nessun dettaglio. Per la valutazione idem. Vuole valutare gli insegnanti? Mi dica come. Sono pronto ad ascoltare, mi interessa molto l’argomento, non ho paura di essere valutato, nemmeno negativamente. Convivo già con i miei sensi di colpa di fronte ai tanti studenti ed alle tante studentesse che non riesco ad aiutare. Ogni singola notte. Quindi ben venga una valutazione. Però mi dica come, ho diritto di saperlo se lei vuole un consenso da parte mia. Nel DDL io ho solo capito che sarà ogni singolo Dirigente a stabilire criteri di premio. Su che base? Con quali strumenti? Non c’è scritto. Mi vuole dare più soldi? Ne avrei bisogno, davvero. Molto. Ma non li voglio, più soldi, non li ho chiesti. Leggo notizia sul giornale di qualche giorno fa del successo nel lancio del satellite militare italiano Sicral-2. Se ho letto bene parliamo di 295 milioni di euro. Un po’ di più dei soldi stanziati nel suo DDL per gli insegnanti, il loro aggiornamento, la loro valutazione. Per un singolo satellite militare. Sono scemo io che leggo in classe la Costituzione. La parola valutazione ha anch’essa nobile origine, significa dare valore. Vuole darmi valore? Non mi dia soldi, mi dia spazio e tempo per i miei studenti e le mie studentesse.

Leggo ancora nella sua lettera che c’è un impegno per l’alternanza scuola-lavoro per arginare il problema della disoccupazione giovanile, perché i dati indicano che, lei scrive, “c’è un problema evidente”. Che sia evidente è certo, meno certo è che sia colpa della scuola. Che il problema della disoccupazione nei giovani sia legato alla scuola è tutto da provare. Mi può citare studi, articoli, opinioni di esperti? Magari è vero, non metto in dubbio, ma me lo dimostri. Perché a occhio mi possono venire in mente mille altri motivi per cui oggi i giovani non trovano lavoro. Ma nella sua affermazione questa è cosa certa, c’è un legame diretto tra scuola e disoccupazione e quindi investiamo la scuola anche di questa responsabilità (ma quando c’è stata una crescita occupazionale in passato allora era merito di noi insegnanti? Nessuno ci ha detto grazie, allora). A mio avviso si tratta di un’altra tipica fallacia, questa volta del tipo non sequitur.

Il punto successivo è il mio preferito dove, per educare cittadini, il suo DDL “valorizza la formazione umanista (sic) e scientifica”. Cioè valorizza tutto, mi sembra che non abbia lasciato fuori nulla. Come? Cambiando i programmi (che non ci sono più, adesso ci sono le indicazioni nazionali), aggiungendo ore, pregando? Come si valorizza una formazione umanista e scientifica? Qual è l’idea che c’è dietro? Nella prossima email me lo spiega? Questa è una fallacia di ambiguità del tipo “pensiero doppio”. O specifica meglio o altrimenti rimane di nuovo la sensazione di uno slogan, non molto diverso da quello di Miss Universo quando dice che vorrebbe la pace nel mondo. Anche io la vorrei.

Ci sarebbero tante altre cose, ma sono venuto meno fin troppo al mio impegno iniziale di non parlare di cose di cui non sono certo. Non volevo addentrarmi nei dettagli specifici di una riforma che per vaghezza mi è abbastanza oscura. In fondo sono solo un insegnante di matematica con molti dubbi, volevo soltanto dibattere un attimo riguardo al metodo e all’opportunità di quel che lei ha fatto inviandomi una sua idea non richiesta.

Concludo con una considerazione generale. In tutta la sua email, tranne che in brevi accenni, mancano gli studenti e le studentesse. Mancano i loro spazi ed i loro tempi all’interno della scuola. Se mi vuole parlare, in quanto insegnante, non mi parli di soldi, di Dirigenti, di alternanze, non mi parli di problemi che lei deve risolvere, non io. Mi parli dei miei ragazzi e delle mie ragazze e di cosa vogliamo fare per loro, di cosa posso fare io per loro. In modo chiaro e dettagliato, non con slogan che non dicono nulla.

Cordiali saluti, Riccardo Giannitrapani

 

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Riccardo Giannitrapani insegna matematica, si segna tutto il resto. Ama Borges, la grafite, i suoi due figli, gli acquarelli, la bicromia e Carla. Ha lavorato in Università, in un istituto professionale e ora insegna al Liceo Scientifico “G. Marinelli” di Udine anche se preferisce dire che “frequenta le superiori”. Su Twitter è @orporick.

 

Questa lettera aperta è stata originariamente pubblicata il 17 maggio 2015 sul blog di Riccardo Giannitrapani, “Il prof bicromatico”.

Qui il testo originale della lettera di Matteo Renzi ai professori.