Le origini della lingua e della letteratura italiana
di Aurelio Roncaglia

Le origini della lingua e della letteratura italiana

“Le lingue storiche non nascono da qualcosa che non sia già ‘lingua’, e il loro ‘nascere’ non è qualcosa d’intrinsecamente diverso dal loro vivere quotidiano. Il linguaggio è un processo di creazione continua dello spirito umano; le lingue vivono come continua dialettica di tradizione e innovazioni. Non si possono individuare ‘origini’ che rappresentino un atto distinto da questo processo vitale”. Questa citazione tratta dal primo capitolo (non a caso intitolato ‘Continuità e discontinuità’) di questo fondamentale testo di Aurelio Roncaglia già ci colloca perfettamente nel clima della sua opera: un opera nella quale è bandito ogni facile schematismo ma nella quale la proposta di una dialettica raffigurazione del trapasso dal latino all’italiano è sempre tenuta con mano sicurissima. Nelle ricchissime pagine, testi fondamentali ma noti solo agli specialisti come l’Appendix Probi, una sorta di antichissimo dizionario purista (che già nel primo secolo dopo Cristo raccomanda per esempio di non usare ORICLA per orecchia ma il classico AURIS) e il Placito di Capua o il celeberrimo indovinello “Boves se pareva…” vengono presentati all’interno di un affascinante e mossa raffigurazione storica, sociale e culturale.

 

Aurelio Roncaglia (1917–2001), filologo romanzo e critico letterario, si è dedicato particolarmente allo studio delle origini delle letterature italiana e francese. Tra i suoi saggi più importanti ricordiamo La lingua dei trovatori, Introduzione alla linguistica romanza, Tristano e anti-Tristano. Si è cimentato anche con la letteratura contemporanea curando l’edizione postuma di Petrolio di Pier Paolo Pasolini.


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