La natura dell'amore
di Lucrezio

La natura dell'amore

Con un racconto di Marcel Schwob

Sembra incredibile che di uno dei più grandi poeti della storia umana, Tito Lucrezio Caro, si sappia di certo poco più del suo nome. Stando a quanto racconta san Girolamo, l’autore del De rerum natura era nato all’inizio del I secolo a.C., per morire poco più che quarantenne, forse mentre ancora era impegnato nelle ultime correzioni del suo poema. Più sconcertante e con ogni probabilità leggendaria è l’unica altra notizia che ci viene tramandata su Lucrezio, che sarebbe morto a causa dell’ingestione di un filtro d’amore che lo aveva condotto alla follia, costringendolo a scrivere sfruttando i momenti di temporanea remissione. Pochi e opinabili accenni che, molti secoli dopo, avrebbero ispirato Marcel Schwob nel capitolo dedicato a Lucrezio delle sue Vite immaginarie, proposto in appendice a questo volume. Ispirandosi alla dottrina del filosofo Epicuro, il De rerum natura dedica alcune indimenticabili osservazioni proprio alla passione amorosa – la più violenta e inestinguibile tra le passioni. Solo Catullo, tra i contemporanei di Lucrezio, si inoltrò così a fondo nei meandri psicologici dell’eros, che non è fatto solo di presenza fisica, ma agisce anche attraverso le immagini mentali della persona amata, quei “simulacri” che sono formati da sottilissimi, impalpabili aggregati di atomi capaci di generare ossessioni inestinguibili. Probabilmente Lucrezio non è mai stato vittima di una pozione magica, ma di sicuro conosceva bene, e fu capace di analizzare in versi immortali, tutti i veleni del desiderio e i loro effetti.

poeta latino del 1° sec. a. C. La tradizione antica non è concorde sulle date di nascita e di morte, che si possono collocare rispettivamente nel primo decennio del sec. 1° a. C. e intorno al 55 (secondo una notizia, sarebbe morto il giorno stesso in cui Virgilio prese la toga virile, il 15 ott. del 53). Non è noto il luogo di nascita.
Della sua vita, unico e tutt’altro che certo episodio rilevante a noi noto è la sua follia, dovuta a un filtro amoroso, di cui ci informa s. Girolamo. È probabile, in ogni caso, che nella notizia di s. Girolamo (derivata dal libro De poëtis di Svetonio) vi sia un fondo di verità; l’immagine del poeta, quale risulta dalla sua opera, è certamente piena di dolorosa esaltazione, confinante talvolta col trasporto fanatico. È da notare, tuttavia, che a questi momenti di violenta accensione passionale non corrisponde mai uno smarrimento dell’intelligenza, che si fa, semmai, più lucida e penetrante.
Il De rerum natura è l’esposizione del mondo secondo i principî della filosofia di Epicuro, della quale L. si mostra eccellente conoscitore e assertore tanto convinto da non introdurre praticamente nulla di proprio. Per quel che riguarda la forma dell’opera, l’idea di un grande poema didascalico è tipicamente presocratica e, in particolare, sembra effettivamente che nella forza espressiva del linguaggio e nell’elevatezza delle immagini L. abbia preso a modello il poema Sulla natura di Empedocle.

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